| «’O scarrafone» a due voci cade il muro della canzone
Gigi D’Alessio Quando studiavo al conservatorio San Pietro a Majella scendevo da casa di mia nonna, in piazza della Borsa, e camminavo per vicoli e stradine. Pino Daniele era la colonna sonora di quelle passeggiate, il sottofondo iniziava piano piano, quasi in sordina, ed esplodeva quando arrivavo dalle parti di Santa Chiara. Per me lui, oltre che un maestro, un grande artista, musicista ed autore, è quel suono, quel ricordo, quei primi dischi che ho comprato, quei primi concerti che sono andato a vedere da studente di musica, da ragazzo che sognava di fare quel mestiere. Ci hanno dipinto come nemici, hanno soffiato sul fuoco di una rivalità stupida e meschina, ci ritroviamo insieme sul palco, amici, uniti dalla musica e dalla nostra città. Come lo zappatore della canzone di Libero Bovio, non dimentichiamo mamma Napoli, siamo famosi grazie a lei, le dobbiamo tanto, compreso lo sforzo di mostrarla bella, di mettere balsamo sulle ferite aperte dalle immagini choc che hanno fatto il giro del mondo. Quella che salirà sul palco è una sorta di nazionale della canzone napoletana, con delle assenze importanti certo, ma anche con delle presenze significative. Da ’«O sole mio» in poi, la canzone napoletana classica ha rappresentato per decenni, e forse rappresenta ancora oggi, il testimonial migliore della città nel mondo. Le canzoni di Pino, quelle di Nino D’Angelo, spero anche le mie, da quella tradizione ripartono per dirsi figlie di una storia insuperabile, ma anche del presente, con le sue contraddizioni dolenti e le sue magnifiche sfide. Non vedo l’ora di salire su quel palco, per intonare «’O scarrafone» e dire che un altro, piccolo, muro è caduto: l’unione fa la forza, un concerto è servito a restituire la libertà a Nelson Mandela, come abbiamo ricordato recentemente, un concerto può ridare a Napoli la voce e l’immagine di una capitale culturale. Nessun cumulo di rifiuti può toglierci questo, ma se noi leviamo di mezzo quei cumuli sarà più chiaro a tutti.
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