A me piace D’Alessio. E allora?

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ALEECHè
view post Posted on 16/3/2009, 20:37




Un’icona o un bluff?
A me piace D’Alessio. E allora?

Confessioni di una giornalista “pazzamente” fan del cantante napoletano. La scintilla nella melodia di una canzone sanremese. Da allora in poi, è stato un continuo “impazzire” dietro un cantante che divide, che esalta e che non ha mai raccolto elogi incondizionati.

Eppure c’è chi farebbe follie pur di ascoltarlo…
Era una sera di febbraio di nove anni fa e stavo distrattamente guardando alla tv il festival di Sanremo quando la melodia di una canzone catturò la mia attenzione. Mi avvicinai allo schermo e mi chiesi: E questo chi è? Come me, se lo chiesero tutti quegli italiani che in quel momento stavano ascoltando “Non dirgli mai” brano meglio ricordato per il ritornello che fa: “Non dirgli mai che siamo stati a letto per un giorno intero….”

Quel ragazzo esile e dalla faccia pulita che si presentava per la prima volta sul palco dell’Ariston era Gigi d’Alessio, uno di quei cantanti che, qualche anno prima, la stampa aveva dichiarato appartenere al fenomeno dei neomelodici. Cantanti che a Napoli vendevano centinaia di migliaia di cd, sia originali che pirata, che lavoravano a ritmo continuo in piccoli studi di registrazione e che riempivano i palinsesti delle emittenti locali campane. Ma il giovane d’Alessio era sicuramente già fuori dalla mischia. E da lì a poco lo avrebbe dimostrato, uscendo dai confini regionali dove comunque era già una star. Avendo già da piccolissimo dimostrato di amare la musica (a quattro anni il padre gli regalò un organo della Bontempi) si diploma al Conservatorio e diventa il pianista di Mario merla.

Questo, però, solo dopo tanti anni di sacrifici e privazioni. Fu il concerto allo stadio San Paolo di Napoli nel giugno del 1997 con gli oltre ventimila fan ad aprire un varco verso il successo. Il mio amore per Gigi D’Alessio nasce dunque nel 2000 al primo ascolto.

Un vero e proprio colpo di fulmine. Perché lo amo? Una prima risposta la ebbi ascoltando una frase, l’unica in dialetto napoletano, contenuta in quel primo brano che ascoltai: “Si stasera io t’avissa vasà” che mi ha dato conferma di quanto il dialetto sia più incisivo dell’italiano. Se un uomo vi sussurra all’orecchio “Sei la donna più bella” non ha certamente lo stesso effetto di “ Tu sì ‘a cchiù bella femmena".

La verità è che il dialetto napoletano mi piace, così come Gigi che è il ragazzo della porta accanto, il fidanzato che ogni mamma vorrebbe per la propria figlia. Gigi, è uno di noi. Lo ammiro perché ha fatto tanta gavetta e nessuno gli ha mai regalato niente, perché ha ricevuto tante porte in faccia ma non si è mai arreso, perché ha creduto nel suo sogno e perché sa bene cos’è la povertà.

Il padre, infatti, era un magliaro, cioè un venditore di stoffe, costretto ad emigrare in America per mantenere la famiglia ( lui stesso nei primi anni di matrimonio con Carmela non aveva nemmeno i soldi per comprare il latte ai suoi bambini). Lo apprezzo anche perché, nonostante il successo, è rimasto se stesso, umile, semplice. Perché non è un divo come gli altri, impossibile o irraggiungibile.

E io, avendo avuto la fortuna di conoscerlo e di intervistarlo più volte, ne ho avuto la riprova. I testi delle sue canzoni, semplici, dirette, arrivano al cuore della gente senza tanti giri di parole.

E poi come potrei dimenticare le emozioni che tantissime sue canzoni mi hanno regalato, le lacrime che ho versato quando ho assistito al suo primo concerto.

E come non potrei rimanere colpita dalla bontà e dalla generosità che dimostra di avere nei confronti di chi nella vita è stato meno fortunato. Ma bontà vera, non costruita. Perché chi viene dal nulla e ha vissuto sulla propria pelle le sofferenze e i disagi di chi sa che per cena c’è pane e cipolla, nella vita sarà vincitore.

Un’artista la cui popolarità ha avuto un processo inverso rispetto a quello cui assistiamo abitualmente oggi. In sostanza è stato proprio il suo successo che ha “costretto” ad un certo punto i media ad interessarsi di lui, e non il contrario.

E se a tantissimi la musica di D’Alessio fa venire l’orticaria, ed è addirittura nato su Facebook un gruppo intitolato “Uccidiamo Gigi D’Alessio”, lui per me, musicalmente parlando, resta “robba bona” come gli diceva la sua mamma sentendolo suonare da piccolo.

Un’artista che ha dovuto sopportare l’astio di chi lo giudicava con sospetto o con la puzza sotto il naso tipica dei presunti intellettuali. La verità, secondo me, è che Gigi D’Alessio è stato, e forse ancora oggi lo è, il bersaglio di uno snobismo diffuso, spesso condito con una buona dose d’invidia.

Forza Gigi, continua così e come direbbe lui prendo in prestito il suo saluto: Buona vita a tutti. Anche a quelli che non amano la sua musica.


Caterina Gurrieri

 
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